Buono acquisto per cucchiaio di legno cedesi

22 febbraio 2014

Da che l’Italia ha fatto cambiare nome al 5 Nazioni, la partita con la Scozia è (quasi) sempre stata identificata come quella della posata. In questo caso il cucchiaio. Di legno, come usava una volta. E’ successo sovente che la Scozia giocasse male e commettesse parecchi errori e che l’Italia riuscisse nel non facile intento di fare peggio. Una delle partite simbolo non è una del 6 Nazioni bensì quella decisiva per il passaggio del turno ai mondiali francesi del 2007.

Quella dell’Olimpico di oggi non faceva eccezione. La Scozia, purtroppo per lei imbarazzante, delle prime due partite aveva già il cassetto aperto per far posto all’ennesima posata. Gli azzurri avevano il fattore campo da sfruttare, fattore che con gli Highlanders ha portato 5 vittorie nel torneo.

Nel supermercato c’è stata un po’ di confusione ma alla fine il buono acquisto ce lo siamo tenuti noi. La confusione è stata evidente anche nelle espressioni di Brunel, tra cenni di sì col capo e pugni battuti sul tavolo. Al 30’ dobbiamo dire “grazie, signore, grazie” perché a Weir non si stacca la palla dalle mani con sostengo al largo: era meta fatta.

A un certo punto sullo schermo gigante appare la scritta “Placcato o placcatore che non rotola via”; se è il secondo ok, punizione, se è il primo pure ma per lui … (tipo bacchettata sulle dita). Poi, poco prima della pausa, lo scozzese d’Italia, Allan, prova a regalare il buono acquisto per la posata ai suoi mezzi connazionali. Dopo quattordici minuti dalla riapertura, Dunbar non rispetta la fila e s’infila per restituire il buono ma il banco resta ancora un po’ lontano. Approfittando di un attimo di assopimento azzurro ci va dodici minuti più tardi e lo piazza sul banco. Quando l’Italia, risvegliandosi, lo trova lì rincorre immediatamente la Scozia con Furno e lo restituisce a sua volta. Ma la Scozia, molto gentilmente, di questo buono non ne vuole approfittare e proprio quando il supermercato Olimpico sta per chiudere la saracinesca, Weir ce lo ficca sotto. E mo’ che famo? Ce lo teniamo?