Italia forza 28

7 febbraio 2021

Sulla ruota di Roma è uscito il 28. Lo immaginavamo, ahimè. Speravamo, però, non uscisse il 50. Pesantissimo. C’è chi, a fine partita, ha lanciato il solito “cosa ci stiamo a fare lì nel 6 Nazioni” (anche gli irriducibili cominciano a vacillare) e chi vorrebbe la testa di Franco Smith, reo di distruggere il movimento. Ma avete presente i nostri passaggi (non mi riferisco soltanto a ieri, eh)? E l’uso del piede? Avete presente quante volte rompiamo i placcaggi? E con che abbrivio arriviamo a contatto coi trequarti? Avete presente come placchiamo? Avete presente quante occasioni da meta non siamo riusciti a sfruttare con l’Under 20 in tutti questi anni? In parte, è un film che vedo già con le Zebre. Ma se la Nazionale è espressione, al 90%, di Zebre e Benetton, con le loro classifiche, cosa pensiamo di fare nel 6 Nazioni? Forse sarebbero altri quelli da palare a casa (insieme o non a Smith). Nel 2008 intervistai Giancarlo Dondi poco prima delle elezioni che l’avrebbero visto riconfermato per il suo ultimo mandato. Gli posi alcune questioni tecniche, di metodo, generali e che coinvolgevano, indirettamente, anche la nazionale. Mi rispose che, in sostanza, qualche testa avrebbe dovuto cadere. Settimane dopo uscì l’organigramma: tutto era rimasto come prima. Chi c’è, ancora, là dentro? E Smith sarebbe il distruttore del nostro movimento? Vi ricordate come giocava l’Italia con Costes poco prima di entrare nel 6 Nazioni? Poi è arrivato Johnstone e ha provato a snaturarci, un po’ anche Kirwan. Poi con Berbizier abbiamo visto forse la miglior Italia in 21 anni di 6 Nazioni. Per dire … Eravamo entrati nei primi dieci del ranking mondiale. Sì può anche retrocedere di qualche posto, lo fanno tante altre Nazionali che poi risalgono, ma qui sono anni che non si vede come si possa fare anche soltanto a recuperare due posizioni. Un tempo, almeno, avevamo la mischia che metteva in soggezione chiunque (e giocatori diversi, molti nei principali campionati europei). L’unico appunto che mi permetto di fare a Smith è che non capisco per quale motivo insistiamo con questo gioco (certo, prima o poi lo devi pur fare di andare a sbattere, non si scappa) quando non riusciamo quasi mai ad andare oltre o a creare superiorità. La miglior stagione delle Zebre è stata la prima dell’era Bradley. Possesso, molto, sì, ma con gran movimento palla fino alle ali, molto coinvolte, cambi di direzione eccetera: maggior numero di mete nella storia celtica, maggior numero di vittorie tra Pro12, allora, e Coppa, spettacolo in campo. Non che non venissero passivi, fuori casa, da 40 o 50 punti, però … Sabato prossimo uscirà il 29 (col 35, il 45 o il 60?). Poi inizieranno “le nostre partite”. Food Network here we come.


Cambia che (non) ti passa

25 ottobre 2020

C’è modo e modo di perdere. Una frase fatta, una banalità, la verità. La partita dell’Italia nel recupero del 6 Nazioni contro l’Irlanda ha ricordato quella tra Leinster sperimentale e Zebre sperimentali disputata la sera prima, sempre a Dublino. Leinster-Zebre 63-8, Irlanda-Italia 50-17. Una fatica tremenda a guadagnare terreno da parte di entrambe le squadre italiane, con partenze da fermo, per lo più, con poco abbrivio, che data la differente fisicità tra noi e loro … , placcaggi caritatevoli e via dicendo. Le statistiche non mentono e sono impietose.

Irlanda-Italia. Gli azzurri hanno avuto più possesso (52% contro 48%), sono stati più tempo nella metà campo avversaria (10’26” contro 8’33”); dati positivi. Ma: ruck perse 9 contro le 2 irlandesi, palloni rubati nei punti d’incontro 3 contro 11, 4 linee del vantaggio superate contro 11, 562 metri fatti contro 808. In difesa: 25 placcaggi sbagliati contro 15.

Leinster sperimentale-Zebre sperimentali. Ancora peggio. Possesso: 67%-33% a favore irlandese, break 11 contro 5. Placcaggi sbagliati: 44 Zebre, 11 Leinster.

Vedendo queste due partite mi è tornato in mente quando seguivo quelle della Rugby Parma, a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90 del ‘900. Dalle tribune, ogni tanto, ma anche dall’allenatore in panchina, si sentiva urlare: “Alle gambe!”. Era riferito a come placcare. Nelle due partite viste ieri, le ultime di tante precedenti così, c’era gente che per placcare abbracciava l’avversario o cercava di farlo. Forse aveva timore che potesse capitare come a Nagle, l’irlandese delle Zebre, che dopo 50 secondi dall’inizio della partita con Leinster è andato a un placcaggio basso ma è incocciato la testa contro la gamba, appena sopra il ginocchio, di Dooley ed è dovuto uscire un po’ scosso.

Tre anni e mezzo di O’Shea per cambiare pagina, anche libro a sentirlo sempre parlare, e con lui l’Italia non ha vinto una partita al 6 Nazioni (il saldo generale della sua gestione è impietoso). Con Smith si sta impostando l’Italia del futuro, con tanti giovani, alcuni già testati con O’Shea; occorrerà anche un po’ di tempo affinché crescano (Garbisi, ad esempio, ha 20 anni e si è affacciato ad agosto al rugby dei grandi), ma resta un dato di fatto: anche le altre nazionali hanno messo dentro giovani, da qualche anno a questa parte, ma avete notato le differenze? Io continuo a sentire “Giocare con la palla, non senza”. Ok, ma per fare cosa: 11 o 17 fasi per guadagnare 10 metri e perdere palla? Ah, i due anni di Berbizier …


I miei primi 40 anni

5 Maggio 2020

La prima volta che vidi una partita di rugby sugli spalti fu nel 1980. Era il 4 maggio, domenica. A quei tempi frequentavo l’adiacente stadio del baseball, sport che praticavo, il glorioso “Europeo” in cui avevo vissuto l’epopea della grande Germal pochi anni prima. Abitavo a cinque minuti in bici dallo storico centro sportivo “7 fratelli Cervi” (dove ora sorge la sede dell’Efsa, ohibò). Conoscevo un po’ il rugby in quanto mio cugino giocava nel Noceto (ma non l’ho mai visto giocare …) e ogni tanto, nella stagione precedente, guardavo qualche spezzoncino dall’alto dell’Europeo. Seppi che quel giorno la Rugby Parma si sarebbe giocata la permanenza in serie A con la Tegolaia Casale sul Sile (che arrivò a Parma con un sacco di tifosi al seguito). Era l’ultima di campionato: la Rugby Parma doveva vincere poiché era dietro di un punto. Volli essere presente. Fu una partita piuttosto brutta, ma ricca di pathos (e di “carezze”). La Rugby Parma vinse, ma che sofferenza: 11-9 (all’epoca la meta valeva 4 punti e chi vinceva prendeva 2 punti in classifica).

Esordio fortunato. Da quel momento aumentò il numero di partite viste e di lì a tre anni, poco più che maggiorenne, cominciai a muovere i primi passi in radio. Di quella squadra ritrovo ancora oggi, nelle mie frequentazioni ovali e non, alcuni elementi che non ho praticamente mai smesso di frequentare, salvo qualche breve pausa, in tutti questi anni: Franco Bernini, Stefano Romagnoli, Roberto Manghi, Alessandro Ghini. Ed Enrico Taverna anche se la frequentazione è via social o skype, visto che da dieci anni vive dalle parti di Bali.

 


Incontri ravvicinati del tipo …

29 settembre 2017

Ieri, a Parma, ho incontrato JoAnn Ferrieri (grazie a Sal Varriale). Non l’avrei mai detto. Chi è lei? Una delle più forti giocatrici di softball che abbia mai messo piede in Italia. Ruolo: pitcher (lanciatrice). Una che in quattro stagioni ha avuto un record vinte-perse di 35-6 e una media pgl di 0.44 ovvero mezzo punto, quasi, subito a partita (7 inning nel softball). Ad abundanziam, era forte pure in battuta. E quasi tutto ciò con la casacca della Crocetta softball con cui vinse due scudetti consecutivi nel 1988 e nel 1989. Un periodo in cui, a Parma, baseball e softball dettavano legge, qui e in Italia. A quei tempi ero in radio, a Onda Emilia: seguivo rugby e baseball; alle partite di softball andavo spesso, non per “dovere”, bensì per il piacere di vedere una squadra forte, che dava spettacolo. In occasione di una delle due finali scudetto, quella col Bologna, invece, ero di corvée. Facevamo la radiocronaca dalla tettoia del dugout grazie a prolunghe miracolose.
A Parma era tornata in visita sette anni fa, ma all’epoca la mancai. Erano 27 anni che non la vedevo e salutavo. E non potevo non ricordarle, come prima cosa: “Do you remember when you met me and Pelosi … “. Pelosi, che di nome fa Gian Paolo, era, è, un amico all’epoca collega a Onda Emilia che commentava le partite di softball: lui e Schiroli erano (anche) la voce del softball, un tutt’uno con squadra e società. Nell’agosto del 1988, io, lui e altri due amici andammo in vacanza in Jugoslavia. Quel giorno eravamo a Dubrovnik, seduti all’esterno di un bar separato dal marciapiede da un’aiuola e un’inferriata. A un certo punto, giro la testa verso il marciapiede e … “Non è possibile …”. Stavano passando loro: la Ferrieri e la Van Kirk, l’altra straniera che giocava nella Crocetta. Lo dico al Pelo, che non poteva crederci (manco sapevamo cosa cacchio facessero in quel periodo di sosta del campionato le tipe); le chiamiamo e la Ferrieri, nel vederci: “Oh my God … “. E niente, abbiamo fatto, poi, un giretto assieme. Good times. Good vibrations.


Ah non me l’aspetaaavo …

4 febbraio 2017

Nella prima partita del 6 Nazioni tra Scozia e Irlanda, ciò che ha spostato l’ago della bilancia a favore degli Highlanders è stata la loro terza meta segnata dal trequarti centro Dunbar, diciamolo. Non sempre, quando fai una” furbata”, ti va bene; questa volta, agli scozzesi la furba (o sopraffina?) è andata che è un piacere. La furba, per chi non mastica molto di rugby, è una touche giocata in modo “anomalo”, per lo più ai cinque metri o comunque nei ventidue d’attacco, ovvero non con il canonico lancio per i saltatori. Esistono due-tre opzioni, tipo il gioco a due tallonatore-pilone, due varianti, o chiamando in causa il mediano di mischia aprendo lo schieramento; vengono usate di rado, ovviamente, altrimenti addio sorpresa, e non sempre vanno a buon fine. Gli scozzesi sono andati oltre. Hanno messo un trequarti centro (!) nello schieramento, il secondo della fila. Il tallonatore ha lanciato su di lui senza nessuno schema tipico della touche, cioè gli uomini che si spostano, il pilone che va a prendere un seconda o terza linea per le cosce per sollevarlo, questi ha preso la palla con un saltello e si è buttato nello spazio lasciato libero da un inebetito schieramento irlandese. Genialata scozzese, ma anche gli irlandesi a little bit ducks. Chiaro che vedere un trequarti centro nello schieramento di touche avversario (ma quando è stata l’ultima volta?!) ti disorienta un attimo. “E questo!? Cazzo ci fa qua?” pensi in quei pochissimi secondi che separano la formazione dello schieramento dal lancio “Va beh: lo hanno messo lì per cercare di destabilizzare, per fare un po’ di casino, per cercare di farci bere che potrebbero tirare su di lui … “. Esatto. Dopodiché, a “bevuta” avvenuta, ti esce quel monosillabo esclamativo che è il must della pubblicità della Opel.

Vuoi vedere che alla prossima touche in attacco ai cinque metri, tra un po’ di tempo, qualcuno s’inventerà di mettere il mediano di mischia nello schieramento, lanciare la palla a lui mentre un seconda linea lo tira su e poi lo lancia oltre lo schieramento avversario?


Chi è venuto e chi verrà

5 gennaio 2014

Finalmente lo stadio XXV Aprile pieno come non mai. Come non mai, non nel senso stretto del termine. Anche perché fino a ieri non c’erano quattro tribune. Ma non pretendiamo troppo, visto l’andazzo pregresso. Va benissimo così. Averne … Tre tribune su quattro piene; la terza, ovviamente quella scoperta in una pessima giornata come quella di ieri, quasi vuota. Ribadendo il “finalmente” mi corre, però, l’obbligo di una considerazione che è un auspicio. Il gran colpo d’occhio è stato possibile grazie anche alla discesa dei tifosi del Benetton, di circa trecento ragazzini del concentramento di minirugby, di parecchi altri giovani di diverse società del cosiddetto “nord-ovest”. Il che è positivo e reso possibile dal fatto che c’era il derby d’Italia ovvero un bel pezzo di nazionale in campo. La scommessa, almeno per me, è sempre quella: arrivare ad avere la stessa (o quasi) affluenza se non in tutte in almeno la metà delle partite di una stagione casalinga ma con presenza limitata degli “atleti tesserati” (che se vengono  … ben vengano). Sarebbe un bel segnale di cambiamento, di tanti tipi. Ai posteri …

Ah, un’altra cosa. Qualcuno ha sottolineato la bruttezza della partita. Sì, non è stata una bella partita e lo ha ammesso anche Cavinato in conferenza stampa. Ma di partite brutte ne ho viste, in questi anni, anche in Top 14 e in Premiership, per non parlare della Currie Cup o Itm Cup (ex Npc). Ogni tanto usiamo anche l’altro occhio. Tra l’altro un paio di partite casalinghe delle Zebre sono state abbastanza piacevoli, à mon avis.


Facciamo 30?!

8 luglio 2013

Siamo vicini al “trentello”. Siamo inteso come Parma; il “trentello” sarebbe il numero di scudetti vinti dalle squadre ducali (livello seniores) nelle varie discipline (7 per la precisione). Quello numero 29 lo hanno vinto i Panthers (football americano) sabato scorso. Anche quello 28 e 27 lo hanno vinto loro. Come pure il 25, nello stesso anno in cui il Parma baseball vinceva, qualche mese dopo, quello 26. A fine partita Alessandro Malpeli Avalli, MVP della finale, mi ha dichiarato: “Il prossimo anno cercheremo di completare gli anelli sulla mano” ovvero vincere il quinto scudetto consecutivo. Che sarebbe quello numero 30 per la città. La domanda è sorta spontanea: e se si fermano loro? D’accordo, per anni hanno guardato vincere gli altri per cui non è che dobbiamo farne oltremodo dei paladini, ma il fatto curioso è che tutti i loro scudetti sono arrivati in quello che è uno dei momenti peggiori della crisi economico-finanziaria. E’ uno sport già povero di suo (solo 8 squadre nella massima serie, quest’anno, poca o nulla visibilità, sport molto di nicchia e quindi con pochi “investitori” interessati a mettere soldi a fondo perduto – lunga vita al presidente …) e chi lo pratica lo fa quasi, ma potremmo togliere il quasi, esclusivamente per passione (non che in altri sport, ultimamente …), stranieri esclusi. Congiuntura o no, comunque, qualcuno lo scudetto deve pur vincerlo. E allora cercate le alchimie giuste per non lasciare soli ‘sti felini. O sostituirsi a loro, eventualmente. Molto eventualmente …